Recensione del film The Substance offertaci da Morgana. The Substance è un film del 2024 scritto e diretto da Coralie Fargeat, al suo primo film in lingua inglese. Il film è formalmente catalogato come orrore, drammatico, fantascienza, thriller.
Da alcune settimane ormai la seconda produzione della regista Coralie Fargeat ha raggiunto al box office la cifra di 1.9 milioni di euro e sta facendo molto parlare di sé; in primo luogo per la protagonista, Demi Moore (Elisabeth Sparkle) a lungo assente dagli schermi ed ora sotto le luci dei riflettori per questa comedy body horror in cui Elisabeth è una stella del mondo dello spettacolo, che alla soglia dei 50 anni si trova ad essere un prodotto di scarto degli studi televisivi e che, in preda alla disperazione ed alla solitudine più assolute accetta di sottoporsi ad un misterioso trattamento genetico per “creare” una versione migliore di sé, interpretata a sua volta da Margaret Qualley, nel film, Sue.
Ciò che accompagna tutto il percorso di Elisabeth-Sue è lo sguardo giudicante e violento della gente che pretende ed esige sempre e solo perfezione e divertimento, che non esita a sostituire Elisabeth con Sue in quanto incarnazione di quegli unici ideali di bellezza socialmente accettati e che si scaglia con tutta la rabbia possibile contro ciò che identifica come “brutto” o diverso. Le ferite fisiche ed emotive di Elisabeth provengono da quegli sguardi (su cui insistono le inquadrature) di disprezzo, da quelle parole affilate come lame e da quella solitudine in cui risulta relegata fin dalle prime scene: un difetto cromatico (il cappotto giallo) in un’immagine sociale piatta e uniformata.
Certo, nel film si parla tanto di corpo, tagliato, mutilato, trasformato, ma dietro a queste situazioni estreme c’è la tacita distruzione emotiva di chi non è più utile alla società, di chi è un ingombro e un peso di cui disfarsi al più presto, di un essere umano che diventa oggetto e che non riceve mai né una parola né un gesto di comprensione, bensì solo di denigrazione, simboleggiata dalla scatola di inutili cianfrusaglie e “regali” consegnata a Elisabeth alla fine della sua carriera. Forse se qualcuno l’avesse semplicemente ascoltata e non solo giudicata, se qualcuno avesse visto al di là della popolarità e delle forme perfette, Elisabeth avrebbe intrapreso un’altra strada, certo non senza difficoltà, ma questa volta non più sola.
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